La storia di una bambina

Come spesso mi capita non saprei dire cosa mi abbia colpito del titolo o della copertina o delle poche righe di descrizione per spingermi a comprare e poi a leggere questo libro.

La piccola conformista è la storia ironica e disincantata, nonché, se non ho capito male, vagamente autobiografica, dell’educazione di una bambina.

Una bambina che racconta in prima persona la storia della sua famiglia.

Da subito la piccola Esther sostiene di essere «nata da destra, in una famiglia di sinistra». Venuta al mondo proprio il giorno di Natale, nel rammarico di una madre atea e di un padre ebreo. Una bambina che almeno nei suoi primi tre anni di vita non dà alcun problema ai genitori, si addormenta tranquilla, non fa i capricci e sogna vestitini merlettati.

Tutto il contrario di quello che dovrebbe fare la figlia di due contestatori sessantottini anti sistema.

I genitori descritti impietosamente dalla figlia sono contrari a tutto ciò che possa vagamente essere borghese, girano nudi per casa, litigano furiosamente lanciandosi piatti, partecipano alle manifestazioni di protesta, non indossano marchi famosi (la madre arriva addirittura a staccare il coccodrillo dalle polo di Lacoste!) e giocano a giochi come Giorno di Paga, una sorta di Monopoli, creato ad hoc per far capire come funzione il sistema di sfruttamento dei lavoratori dipendenti.

In realtà come si rende conto poco a poco la ragazzina, il padre lavora in banca, anche se si sente un artista incompreso, poeta auto pubblicato e attore, e per questo ammorba la famiglia con le sue performance di recitazione; la madre è dipendente pubblica, e nonostante molti slogan la sua lotta al sistema è più apparente che reale: come scoprirà con sgomento quando i suoi genitori la iscriveranno ad una scuola privata e cattolica.

In realtà per lei l’istituto scolastico e l’ambiente conformista e di destra le si confanno di più della sua libertaria e scombinata famiglia, al punto da decidere una conversione al cattolicesimo e farsi battezzare. Ma anche qui fino ad un certo punto.

In realtà Esther, con il suo sguardo acuto ha perfettamente compreso che all’interno della sua famiglia c’è qualcosa che non va: il padre ebreo intermittente, che per calmarsi pulisce casa ed intanto recita liste infinite, terrorizzato da un possibile nuovo olocausto. La madre che nonostante disprezzi il padre e dichiari spesso che vuole divorziare non riesce mai a farlo. Nonostante questo la madre è il vero fulcro di questa famiglia, sempre pronta a giocare con i figli, a lasciarsi coinvolgere da loro, sebbene non in modo convenzionale.

Accanto a loro i nonni, quelli paterni, arrivati dall’Algeria nel 1962 che conservano in un vaso la terra della loro patria, la nonna materna che non vuole niente a che fare con la figlia e il genero, gli amici della madre, la zia e soprattutto il fratello Jeremy iperattivo ed irrequieto.

Una storia che fa sorridere per i mille aneddoti e racconti che animano queste pagine, ma pagina dopo pagina il tono ironico, disincantato e sarcastico vira verso la tragedia, spetterà a Esther comprendere che quell’ambiente così poco conformista copre una verità molto più prosaica e drammatica.

Ero intenta a riordinare i libri disponendoli per soggetto quando Babeth spalancò la porta con una irruenza tale da far crollare la pila di volumi in attesa di classificazione che avevo piazzato a ridosso dello stipite. Erano romanzi che intrecciavano tematiche diverse – amore e guerra, infanzia e capi di concentramento – ed era appunto questo il problema. Mi rifiutavo di collocare i romanzi d’amore e di guerra nello scaffale dei romanzi solo d’amore. Ma altrettanta inconcepibile mi appariva l’idea di congiungerli per sempre – o almeno fino alla prossima risistemazione – a quelli solo di guerra. Per risolvere il dilemma ero stata tentata di inaugurare un nuovo settore della libreria, dedicato esclusivamente alle opere ibride. Ma questa soluzione di comodo mi sembrava un po’ un tradimento.

La piccola conformista di Ingrid Seyman dà voce ad una bambina che vede scorrere sotto i suoi occhi tutto l’apparente stravaganza ed eccentricità della sua famiglia che lei vorrebbe solo più serena e unita, perché come tutti i bambini anche Esther è più interessata a genitori affettuosi che non rivoluzionari; e conformarsi ai compagni è preferibile che emergere per originalità.

Un romanzo breve con una protagonista incondizionatamente centrale: è attraverso il suo sguardo che noi osserviamo tutte le contraddizioni ed intuiamo tutti i segreti che si nascondono tra le quattro mura di casa Dahan. Un romanzo di formazione assolutamente anticonvenzionale.

La piccola conformista di Ingrid Seyman [La petite conformiste 2019] Sellerio (2021) traduzione di Marina Di Leo – pag. 187

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