Con l’elegante pennellata di una narratrice abile e visionaria, Mona Awad ci accompagna in un viaggio estremamente affascinante, ipnotico e a tratti inquietante attraverso i labirinti della bellezza, della mortalità e del rapporto conflittuale e complesso madre/figlia nel suo ultimo romanzo, Rouge.
Rouge inizia come una fiaba, anzi inizia proprio come la fiaba che la madre raccontava alla figlia prima di farla addormentare, una storia di bellezza, specchi, principesse e matrigne… chi non ricorda “C’era una volta una fanciulla dalla pelle bianca come il latte dai capelli neri come l’ebano”!. Un’immagine su cui è stato cesellato il mito della bellezza femminile.
Chiudo gli occhi. Un regno lontano lontano. Un castello in riva al mare. La storia che Madre mi racconta ogni notte. Quella della bella fanciulla. Sorrido perché riesco a vederla. Quando chiudo gli occhi così, sono lei. Che mi aggiro per il castello con la pelle radiosa e i capelli pettinati in una S.
Mirabelle, detta Belle, detta Mira, a seconda dei casi, giovane commessa di un negozio pret-à-porter di Montréal, è una beauty addicted, assolutamente ossessionata da tutorial e trattamenti di bellezza atti a preservarla il più a lungo possibile attraverso peeling, skincare coreane, maschere antiage, bava di lumaca, bibitoni al collagene, patch per combattere le occhiaie, lozioni al retinolo, prodotti dai nomi suggestivi quasi fossero delle pozioni magiche capaci di regalare luminosità, grana perfetta, e rimandare magicamente indietro le lancette dell’orologio.
Dietro questa ossessione di Belle c’è il mito distorto di sua madre, Noelle Des Jardins, attrice mancata, ex proprietaria di un negozio di abiti per signora e donna dal passato turbolento.
Il loro non è mai stato un rapporto facile: di invidia della figlia verso quella Madre bellissima e perfetta e della Madre verso la giovinezza della figlia e la possibilità di una vita diversa dalla sua.
La vita piatta e routinaria di Belle viene scossa dalla notizia della morte della Madre, precipitata di notte in circostanze misteriose da un promontorio nei dintorni della villa dove risiedeva. Il ritorno per il funerale diventa occasione per Belle per mettere in chiaro parecchi aspetti del suo rapporto con la stessa e sul suo passato: il padre misterioso, di cui porta al braccio un braccialetto con l’occhio di Horus, la fascinazione verso Tom Cruise, i divieti sempre disattesi che la Madre le poneva, e la catapulta in un vortice di segreti e rivelazioni.
Arrivata in California è irresistibilmente attratta da un villa dai cancelli neri e circondata da roseto rosseggiante a picco sulla scogliera che ospita una misteriosa SPA di lusso Rouge, i cui prodotti hanno uno squillante e accattivante packaging scarlatto.
Per Belle è solo un luogo speciale con trattamenti esclusivi e particolari, ma Rouge nasconde molto di più, si pone l’obiettivo di liberare le proprie clienti dal dolore dei ricordi, così da purificare l’anima e levigare la pelle: «estrai un ricordo, quello brutto, quell’inutilissimo Radicale Libero della Mente, il Comedone dell’Anima, proprio quello che ti spegne e ti corruga e ti adombra l’incarnato in maniera tanto orrenda».
Tra meduse fluttuanti in un immenso acquario, feste ricercate con inviatati eleganti, flute di champagne rosseggiante, seguiamo Belle che rivive i ricordi della sua infanzia e il rapporto tutt’altro che pacifico che la legava alla Madre e ci inoltriamo nei misteri che Rouge nasconde.
Rouge è un’opera dalla narrazione non lineare, costellata di ellissi, un romanzo pop che prende in giro l’industria della cosmesi e l’enorme business che vi gira intorno, cita i grandi classici del mistero e della commedia nera, come Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick, Mammina cara! di Frank Perry, La morte ti fa bella di Robert Zemeckis e l’immagine del Doppelgänger (il doppio maligno) femminile ritornata in auge con Il cigno nero di Darren Aronofsky, ma pone anche interessanti riflessioni sul mito della bellezza e sulla complessità del difficile, doloroso, intenso rapporto madre figlia, fatto di invidia ed amore.
La prosa di Awad è un tripudio di immagini vivide e suggestioni oscure, che ci trasportano in una dimensione onirica, in un mondo sospeso tra reale e irreale. La sua abilità nel dipingere scene e atmosfere enigmatiche ci avvolge come nebbia, facendoci immergere completamente nell’universo del romanzo.
Mona Awad intreccia abilmente elementi del thriller psicologico con la fiaba gotica, aggiunge tocchi di horror, e ci regala una storia avvincente e intrigante che tiene incollati alle pagine fino all’ultima parola.
Rouge di Mona Awad Fandango, Fandango Weird Young (2024) – traduzione di Milena Sanfilippo – pag. 411