Quanto conosciamo veramente della persona che abbiamo accanto? Quanta parte dei nostri pensieri sappiamo veramente condividere con lui o lei? Quante storie sono nascoste tra le maglie di esistenze apparentemente tutte uguali? Quante volte la stessa storia può ribaltarsi completamente se raccontata da due punti di vista diversi?
Queste sono due domande che mi sono spesso fatta nella vita e a cui spesso ho cercato risposta anche nelle pagine dei miei amati libri.
Fato e Furia è un romanzo che mi osservava dalla libreria da qualche anno, lo avevo comprato, spinta non so nemmeno più bene da cosa, poco dopo la sua uscita, e poi lasciato impolverato in seconda fila, pronto ad essere dimenticato per qualche uscita più nuova e apparentemente più intrigante. Grazie ad uno dei tanti gdl che si propongono l’ingrato e complicatissimo compito di assottigliare l’immensa mole di libri in attesa di essere letti, alla ricerca di un romanzo di un’autrice americana, mi sono ritrovata tra le mani questo testo e ne sono rimasta, lo dico subito, folgorata.
Fato e Furia è la storia di Mathilde e Lancelot, detto Lotto, due giovani talentuosi e determinati. Il ragazzo d’oro” e “la principessa di ghiaccio” si conoscono ad una festa all’università (il prestigioso Vassar college), si sposano dopo quindici giorni e paiono essere la coppia perfetta: un’intesa fisica e mentale che si incastra perfettamente. La sensualità dei loro corpi che si desiderano è più forte di qualunque inciampo, del tempo che passa, della povertà, della depressione di lui, della fatica di ogni matrimonio. Sfrontati, solidali, inseparabili. Non si tradiscono mai e sanno sempre come ritrovarsi.
Due persone risalivano la spiaggia. Lei era bionda ed elegante nel suo bikini verde, malgrado fosse maggio nel Maine e facesse freddo. Lui era alto, vivido; emanava uno sfarfallio luminoso che saltava all’occhio e lo teneva avvinto. Si chiamavano Lotto e Mathilde.
Scritto in terza persona è diviso in due parti Le Parche e Le Furie, nella prima parte del libro, l’attenzione del narratore è concentrata su Lotto, ragazzo brillante, di famiglia ricca, che dopo svariati tentativi di emergere come attore diventa un celebre autore teatrale. Uomo egocentrico, narcisista, fiducioso e aperto verso le persone e il futuro, circondato da una corte variegata di amici, amante delle luci della ribalta ha in Mathilde il suo perfetto contraltare: musa silenziosa, sa sopperire a tutte le esigenze di lui, sa preservarlo dalle rogne della vita quotidiana, gestendo le sue crisi, sempre pronta ad accoglierlo e consolarlo. Non esita a lasciarlo indugiare nei suoi sogni di attore in erba, gli lascia coltivare i suoi piccoli egoismi senza mai fargli pesare nulla: imperturbabile, guardiana di quella felicità.
Ventiquattro anni di matrimonio per una coppia perfetta: questo è quello che traspare dalla prima parte del libro, ma basta cambiare punto di vista e la maschera cade. Se per duecento pagine ci è stato raccontato il ménage tutto sommato fortunato di una coppia, che nonostante le vicissitudini, i colpi della sorte, gli inciampi trova proprio in esse la sua forza vitale; nelle successive duecento pagine quest’illusione viene cancellata: la vita dal punto di vista di Mathilde è una costellazione di sofferenze taciute, violenze, vendette, ricatti.
La seconda parte, intitolate Le Furie, è sconvolgente. Ribalta, infatti, la narrazione e ci mostra la storia dal punto di vista di Mathilde, e scopriamo un’altra storia, un nuovo racconto e quel che viene fuori non ha nulla a che vedere con quello che pensavamo di sapere. Lei stessa si rivela ben diversa dalla donna tranquilla, servizievole, sempre pronta a fare un passo indietro per aiutare il marito nella sua carriera. Mathilde, volitiva, sensibile e impenetrabile, è la Furia, pronta a fare strage di chi sbarra il passo a lei o al marito. In Lei è incarnata tutta la potenza distruttrice: dietro la loro vita dolce, prima bohémien e poi borghese, c’è la furia delle Erinni, una serie di colpe inesauribili che affondano nel passato e di presagi neri.
Le pagine dedicate a Mathilde inchiodano, letteralmente, il lettore alla pagina, la storia di questa donna, le rivelazioni che fa, il suo carattere, e soprattutto la contrapposizione alla prima parte, rendono la lettura stravolgente ed indimenticabile.
Lauren Groff riesce a dare grande respiro narrativo a quella che si può leggere come una pièce teatrale, o meglio una tragedia [non per niente ci sono i riferimenti al destino (le Parche) e alle personificazioni della vendetta (le Furie)] animata da due personaggi folgoranti: Mathilde, che “si sentiva indegna dell’amore di una sola persona”, e Lotto, che “voleva l’amore di tutti”.
Lauren Groff, grazie ad un narratore onnisciente che prima ci racconta il mondo secondo un personaggio, e poi lo capovolge, quasi lo distrugge, ci mostra come tutto quello che è già stato raccontato possa essere raccontato di nuovo, ancora e ancora. Tramite una costruzione a macchia (temporalmente ed episodicamente) della storia di Lotto e Mathilde, inserendo capitoli in cui le piéce scritte da Lotto, quasi tutte autobiografiche, aprono ulteriori tasselli, procedendo per ellissi, anticipando e raccontando da diverse angolazioni lo stesso avvenimento, disseminando di parentesi quadre la pagina e puntellando così ora ironicamente ora fatalmente di piccole illuminanti commenti la narrazione, con una voce più schietta, più sincera, priva cioè di quell’artificio che inevitabilmente si associa al narratore onnisciente, catapulta in maniera potente nella storia, regalandoci un’esperienza di lettura coinvolgente ed emozionante.
Fato e furia è un libro bellissimo per molti motivi diversi – oltre a confermare ancora una volta, scomponendo e riflettendo la realtà di miliardi di pezzi, lo iato incolmabile tra quello che sappiamo e quello che esiste ma ci è nascosto – dalla struttura narrativa perfetta, con mille colpi di scena che però non risultano mai esagerati, con infiniti richiami alla cultura classica, al mondo del teatro. Un romanzo che è un mondo da cui lasciarsi travolgere.
Fato e Furia di Lauren Groff – Bompiani (2016) – Traduzione di Tommaso Pincio, pag. 459