“Entrai in quel bosco e la mia vita ebbe inizio“
Chi mi si segue da un po’ sa quanto io ami i miti greci. Sono le storie che ho sentito raccontare da bambina, che ho letto diventata un po’ più grandicella, di cui mi sono cibata negli anni del liceo, ritrovando nelle pagine dei tragici greci, l’eco di quelle meravigliose ed indimenticabili epopee. E’ un argomento che non mi stanca mai. Ho uno scaffale di una delle mie librerie dedicata proprio a questo tema. Ogni volta che esce un libro, un romanzo, un saggio che approfondisce un personaggio o gli dà un’altra lettura, io non resisto. E devo ammettere che ogni volta imparo qualcosa di nuovo, ogni volta scopro un particolare, un elemento, un aneddoto, una sfaccettatura a cui non avevo fatto caso.
Quest’anno ho approfittato delle vacanze trascorse a Gaeta, Terracina e Circeo per leggere la storia della maga Circe che, narra la leggenda, proprio in queste terre fu esiliata e visse tra le foreste a picco sul mare.
Una storia appassionante e devo dire per me a tratti sconosciuta: di Circe sapevo solo quello che racconta Omero nell’Odissea.
La storia di Circe, che anche per chi conosce i miti, rimane pressoché agganciata alla storia di Odisseo e alla trasformazione in porci dei suoi marinai, si presta bene ad una rilettura. Personaggio alquanto ambiguo, dipinta in quasi tutta la letteratura come strega maliarda, femme fatale, che seduce e con le sue arti ammaliatrici, nonché il potere delle sue pozioni, trasforma gli uomini in animali, ha tutte le caratteristiche per poter essere plasmata e riletta anche in chiave moderna, donandole una vena di femminismo in più.
Nel saggio introduttivo di Variazioni sul mito si mette in evidenza proprio come il riflettore sia sempre stato acceso sull’alone erotico e sul fascino ammaliatore della maga, dimenticando quanto il personaggio nella stessa Odissea sia ben più complesso. Se quando i marinai sbarcano l’idea di base è effettivamente quella di una donna che usa i suoi poteri magici per piegare la volontà degli uomini e soggiacerli al suo volere, nel proseguo, Circe si dimostra estremamente equilibrata, aiutando Odisseo a ripartire e dandogli preziosi consigli sui pericoli che incontrerà nel viaggio.
Miller parte da qui, da questa donna che sa stare sola, che accoglie, ma non vuole essere colonizzata da nessuno, per dare corpo e voce ad una dea che appare, pagina dopo pagina, estremamente umana, fragile, orgogliosa, coraggiosa, a momenti vendicativa ma anche determinata a vivere a modo suo, ad esprimere i propri bisogni e a dar voce ai propri desideri. Miller ci regala una dea umana, piena di fragilità ed incertezze, una donna sola che vuole trovare un compagno alla sua altezza e non è disposta a concessioni o rinunce per avere qualcuno accanto. Una donna capace di estrarre dalle erbe i poteri curativi e distillare “farmakon”, inteso nel suo significato originale doppio di medicinale ma anche di veleno.
Figlia del dio del sole Elios, titana, dea e poi maga, Madeline Miller ci presenta una bambina sola, strana, poco amata e per nulla considerata, che nel breve incontro con Prometeo viene affascinata dai mortali, quelle creature fragili e caduche che hanno come unica certezza la morte. Nonostante sia immortale e potente subisce lo stupro derivante dalla gratuita cupidigia degli uomini, dalla loro rozzezza, dall’incapacità di accettare una donna sola, indipendente e bastevole a se’. La sua decisione di trasformare gli uomini in porci nasce da lì: per proteggersi non per dilettarsi.
Di questa Circe ho apprezzato le asperità del carattere, la sua indomita risolutezza, ma anche i sensi di colpa, la pesantezza degli anni dell’eternità che si accumulano come pietre, i sentimenti forti che nutre verso un affascinate e ingegnoso Dedalo, il senso di protezione verso un Ulisse strappato che ha bisogno di essere rammendato e poi la quiete amicizia con Penelope e la pace che incontra alla fine della sua lunghissima esistenza nella scelta di una sorte terrena.
Un romanzo con una protagonista forte, capace di forgiare il proprio destino anche a costo di allontanarsi dagli altri, di scegliere una vita di solitudine pur di non piegarsi al desiderio altrui.
Circe di Madeleine Miller – Sonzogno editore (2019)- pag. 411