Furore

Leggere Furore è fare un viaggio nell’inferno, l’inferno terreno delle speranze perdute, delle disillusioni, del fallimento.

La storia della famiglia Joad e del lungo viaggio dall’Oklahoma alla California è il racconto epico e drammatico delle perdite, degli incontri, del lungo precipitare di un’intera generazione

La struttura narrativa è potente, l’alternarsi di capitoli che descrivono in modo oggettivo, giornalistico, le vicende che poi vedono coinvolte direttamente la famiglia protagonista, permette di contestualizzare gli eventi. Come se Steinbeck alternasse lo sguardo dalla Storia che indifferente macina e travolge vite, alle piccole minuscole storie che riguardano e sconvolgono i singoli uomini, quelli che la subiscono e la vivono sulla propria pelle.

In un contesto storico in cui la desertificazione delle campagne del Mid West negli anni ‘30 portarono al pignoramento delle terre da parte delle banche, a cui i mezzadri avevano chiesto prestiti, e al conseguente avvento dei trattori che trituravano e lavoravano la terra a prezzi e in tempi assai minori, i mezzadri cacciati dalla loro terra e dalle loro case, iniziarono una vera e propria odissea, spostandosi verso la California, vista come paese delle occasioni, una sorta di terra promessa dove c’era lavoro, si poteva guadagnare abbastanza da acquistare una casa, una macchina e ricominciare una vita veramente degna di essere vissuta.

La capacità di Steinbeck di raccontare la drammatica epopea di intere famiglie che chiedono solo di poter lavorare e guadagnarsi di che vivere si fonda con la denuncia sociale e con l’affresco delle sofferenze ma anche della dignità di uomini e donne che persero tutto, sconfitti ma non piegati. Emerge, poi, la straordinaria capacità di caratterizzazione dei personaggi tra tutti Tom Joad e sua madre Ma’, il loro coraggio, la voglia di riscatto, ma anche la voglia di ribellarsi ai soprusi, di non abbassare la testa di fronte alle ingiustizie, anzi di denunciarle e combatterle, li rende veri e propri eroi.

Mentre si legge il sudore, la polvere, la sporcizia, la fame, il caldo soffocante prima, il gelo poi, sono sensazioni che proviamo sulla nostra pelle. La fatica e la disillusione dei Joad sono anche le nostre. La voglia di riscatto e di lotta contro tutte le violenze e i soprusi subiti diventano la nostra battaglia.

“Perché io ci sarò sempre, nascosto e dappertutto. Sarò in tutti i posti… Dappertutto dove ti giri a guardare. Dove c’è qualcuno che lotta per dare da mangiare a chi ha fame, io sarò lì. Dove c’è uno sbirro che picchia qualcuno, io sarò lì. Se Casy aveva ragione, be’, allora sarò negli urli di quelli che si ribellano… e sarò nelle risate dei bambini quando hanno fame e sanno che la minestra è pronta. E quando la nostra gente mangerà le cose che ha coltivato e vivrà nelle case che ha costruito… be’, io sarò lì…”

Un capolavoro assoluto, da leggere e da meditare a lungo. Un romanzo potente, lirico, struggente, drammatico. Racconta la storia americana degli anni 30 del secolo scorso, eppure pare essere stato scritto ieri. Una riflessione amara sull’aridità dell’uomo e sulla forza della disperazione.

Steinbeck scrisse il romanzo in soli cinque mesi, partendo da una serie di articoli scritti nel 1936 per il San Francisco News. Un reportage con le drammatiche foto di Dorothea Lange, che aveva lo scopo di documentare le condizioni di vita di una popolazione che, attratta da offerte di lavoro, a centinaia di migliaia, aveva abbandonato il Midwest per raggiungere la California. Si trattava dei nuovi poveri, bianchi e protestanti, chiamati all’arrivo in modo dispregiativo Okies, che espropriati dalle banche delle loro fattorie, non più redditizie dopo che il cataclisma delle tempeste di polvere (Dust Bowl) si spostavano verso Ovest alla ricerca di un lavoro e di condizioni di vita migliori. Trovando invece, all’arrivo, sfruttamento e povertà assoluta.

Furore di John Steinbeck – Bompiani (2019) -pag. 637

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